Il secolo Bruno: eros e magia nel Novecento

di Giovanni Padua


Angeli del cielo E demoni degli inferi

Vi invoco

A portare rovina e distruzione

Su Vladimir Vladimirovich Putin

Guerrafondaio, assassino e despota

In modo che la malvagità, il dolore e la morte che egli scatena

gli ritornino decuplicati

Questo è uno stralcio della traduzione italiana di HEX PUTIN, il rituale di massa che, un anno fa, venne pubblicizzato da migliaia di influencer ed attivisti del web per fermare il conflitto in Ucraina. In Italia, la portabandiera di questa operazione magica è stata l’influencer femminista Sofia Righetti, che rese disponibile l’incantesimo sul suo OnlyFans ad una cifra stracciata.

Prima del conflitto russo-ucraino, congreghe di streghe online si erano già mobilitate per Black Lives Matter così come per l’elezione di Joe Biden e, per quanto possa sembrare strambo tentare in questo modo di mobilitare l’opinione pubblica contro un nemico comune, quella adottata da Sofia Righetti & Co. è una delle strategie cardine della psicologia delle masse ma anche una delle modalità in cui funziona la magia dentro i parametri della società.

Che diavolo c’entra la magia con la psicologia delle masse?

Con la parola ‘magia’, non si fa qui riferimento ad una delle componenti classiche del mondo fantasy; con ‘magia’ dobbiamo intendere lo strumentario di tecniche volte alla manipolazione dei corpi e soprattutto delle menti, la cassetta degli attrezzi che garantisce al potere politico di tirare le fila della storia, anche dopo la rivoluzione scientifica, la scoperta dell’America e l’apparire della rivoluzione protestante. La magia, essendo un prodotto del linguaggio, esiste da quando abbiamo iniziato a parlare.

 

Che la magia non avesse affatto a che fare con l’indagine della natura lo aveva spiegato bene Ioan Petru Culianu, il detentore di un particolare primato: fu il primo professore universitario assassinato per motivi politici sul suolo statunitense. Culianu, o meglio il suo cadavere, fu ritrovato nella toilette del dipartimento di teologia dell’Università di Chicago. La mattina del 21 maggio del 1991, qualcuno gli sparò alle spalle mentre era concentrato in quella che sarebbe stata la sua ultima minzione. Un colpo di pistola gli trapassò la nuca, senza che se ne accorgesse. Aveva solo quarantun anni. 

Chi era questo accademico, e perché un sicario si era preso la briga di attraversare l’oceano per ucciderlo? Ioan Petru Culianu era uno studioso di origini rumene, ai tempi tra i più rilevanti nel campo degli studi comparati sulla religione, ma era stato anche una delle voci più critiche del regime oppressivo del Dracula comunista, Nicolae Ceausescu – il dittatore, il cui governo oppresse la Romania per quindici lunghi anni. Essendo stato sprezzantemente critico verso il governo rumeno, come lo era stato il suo maestro Mircea Eliade, da cui aveva ereditato la cattedra di Storia del Cristianesimo a Chicago, è naturale pensare che la mano del sicario fosse stata armata dal dittatore, ma la realtà è sempre più evanescente dei cliché narrativi. 

 

Comunque, vuoi perchè ci fu una sorta di resistenza a riconoscere la matrice politica dell’omicidio, o forse per effetto del fisiologico chiacchiericcio mediatico attorno alla cronaca nera, sia come sia, per spiegare l’accaduto venne fuori il movente passionale. Ovviamente l’ipotesi meno probabile, considerando che la pistola con cui fu ucciso era un’arma in dotazione alla guardia di ferro rumena durante il nazismo. La firma del delitto era uno sfregio, come un ‘traditore!’ urlato attraverso un rebus macabro. 

Il punto è però che i motivi dietro l’assassinio di Culianu non sono semplicemente politici, ma galleggiano nelle torbide acque dell’occulto. Lo so, è facile pensare che soltanto un personaggio di Guzzanti potrebbe affermare quanto precede con seria convinzione e, a questo punto, sarebbe legittimo se decideste di interrompere la lettura. Eppure, sospendendo per un attimo le vostre convinzioni sulla realtà, e tenendo a mente la nostra premessa sul modo in cui di seguito verrà usata la parola ‘magia’, vi risulterà facile essere risucchiati in un folle viaggio estatico tra le pieghe recenti del tempo storico.

Abbandonando la fragilità del presente, attraverserete a tentoni i banchi di nebbia della Romania di Ceausescu, per poi essere trascinati nel mondo intellettuale del Rinascimento e infine precipitare bruscamente nel cuore degli arcana imperii. Con questa espressione si è soliti fare riferimento ai segreti del potere, così come ai metodi di controllo e alle strategie utilizzate dai governanti per mantenere la loro posizione di comando.

È dentro quella che, negli ambienti dell’intelligence e dell’analisi strategica, viene di solito definita “stanza dei bottoni” che si deve sbirciare, per poter osservare la condizione moderna della stregoneria. 

Culianu aveva a lungo studiato la magia, sia nelle sue forme alte, sia in quelle più popolari, spingendo la sua ricerca sugli asset della manipolazione e della coercizione, gli estremi entro cui oscilla la tradizione magica. A prescindere dagli studi di Culianu è comunque noto che molti maghi del passato, da John Dee ad Aleister Crowley e Albert Spare, così come Dion Fortune e Helena Blavatskij, furono assidui frequentatori delle stanze del potere politico e basterebbe pensare a dove riuscì ad arrivare lo sciamano siberiano Grigorij Rasputin per capire che nessun debunking può confutare la stretta relazione tra magia e politica. 

Perciò, per quanto possa risultare  grottesco pensare che Culianu sia stato inghiottito dal suo stesso campo di studi, la storia del suo omicidio è l’epilogo di un vero e proprio horror esoterico intriso nella paranoia, una storia iniziata con il tramonto degli anni ‘80, e dell’intero Novecento.

Timisoara e la magia dell’inganno

Qualche anno prima che la nuca di Culianu fosse dischiusa da una pallottola, più precisamente nel 1989, la Cecoslovacchia si accingeva ad inaugurare la stagione delle rivoluzioni di velluto, una serie di proteste pacifiche che interessarono l’Europa centrale e che si conclusero con la transizione verso governi di stampo democratico, almeno in apparenza. 

La Romania, la patria in cui Culianu era nato tra gli agi di un’antica famiglia di boiardi rumeni, prese parte a questa trasformazione ma, lontano dal clima disteso delle altre rivoluzioni, le sue strade furono inondate dal sangue versato negli scontri tra i manifestanti e l’esercito del regime di Ceausescu. 

 

Improvvisamente, mentre la violenza dilaga e le barricate bruciano, i media ungheresi, per primi, mostrano le immagini di una fossa comune nei pressi di Timisoara. A ridosso del Natale dell’89, iniziarono  a circolare fotografie e sequenze video che ritraevano la polizia rumena dissotterrare una quantità spropositata di cadaveri: sugli schermi del mondo, tra i svariati resti umani, compare suggestivamente il “quadro” ritraente il corpo esanime di una madre e del suo nascituro, morto anch’esso, le cui membra, contorte in un ultimo abbraccio, sembravano riassumere plasticamente la crudeltà della repressione di Ceausescu. 

I morti dissotterrati erano in totale più di quattromila, questa fu perlomeno la versione ufficiale dei fatti, secondo le stime divulgate dalla polizia rumena. In questo frangente, la sensazione era quella che un mondo fosse giunto al capolinea, e fu normale che le immagini scatenassero l’opinione pubblica internazionale e rumena fino ad innescare un massacro. 

Ecco, però, il colpo di scena: Deus ex machina puntuale, la Securitade – polizia segreta e braccio repressivo del governo autoritario rumeno – annuncia pubblicamente l’avvenuta cattura dei coniugi Ceausescu, arrestati durante la fuga all’estero; viene immediatamente allestito un tribunale e istruito un processo che durerà solo sessanta minuti. Sotto l’influenza di Ion Iliescu, la Securitade e l’esercito, erano passati dalla parte dei manifestanti, mettendo fine, con la loro defezione, ad un regime di violenze e torture che si era retto sull’azione repressiva della stessa polizia segreta, che, dopo le violenze che aveva compiuto, si presentava ora al popolo rumeno in vesti salvifiche. 

 

Quando ci fu l’ufficialità dell’avvenuto arresto del dittatore, non tutti presero parte al giubilo generale, soprattutto chi aveva avuto modo di apprendere che i fatti di Timisoara non erano stati altro che una gigantesca bufala

Attraverso la ricostruzione di alcuni giornalisti, tra cui gli italiani Michele Gambino e Sergio Stingo, e grazie alla fondamentale testimonianza del custode di un cimitero nei pressi della presunta fossa comune, si venne a sapere che il genocidio propagandato dai media era stata una montatura orchestrata in fretta e furia, ma capace di rivelarsi, per la sua tempestività, una preziosa arma per i congiurati che ne erano stati gli artefici. 

I cadaveri dei video e delle foto, diffusi nel Natale dell’89, provenivano dal cimitero di un obitorio, che si trovava nei pressi della finta fossa comune, ed erano tutti morti per cause naturali; la madre e il figlioletto? Due persone senza alcun collegamento: una donna anziana morta di cirrosi ed una neonata soffocata a causa di un boccone trangugiato male. 

Se consideriamo la tempistica con cui la notizia sgomitò nel concitato flusso mediatico di quei giorni, la superficialità con cui fu allestita questa colossale fake news passa in secondo piano, soprattutto guardando agli effetti che ebbe nel mondo reale. Dopo la divulgazione delle immagini e nonostante la smentita,  si scatenò comunque nella città di Timisoara una vera e propria battaglia, capace di infiammare ancora di più le proteste nella capitale Bucarest, una guerriglia urbana che portò più di duecento feriti e settantadue morti. Quest’ultimi sì, vittime reali, mietute dall’onnipotenza delle false immagini.

 

Tra coloro che avevano sentito l’odore di messinscena, proprio lui: Ioan Petru Culianu. Come pochi altri, aveva intravisto e vaticinato con largo anticipo la mano dei servizi segreti rumeni sia dietro  la bufala di Timisoara, sia nel processo farsa che alla fine portò all’uccisione del dittatore rumeno e della moglie Elena. “Nei suoi ultimi quindici mesi di vita”, come raccontato dallo scrittore Ted Anton un anno dopo la morte del suo amico, “Culianu scrisse più di trenta articoli in cui attaccava i nuovi leader rumeni su Lumea Libera (Mondo Libero), un giornale di emigrati con sede a New York, e sul Corriere della Sera, il quotidiano nazionale italiano”, il paese in cui era iniziata la sua fuga dalla Romania  il 4 luglio 1972 mentre era uno studente dell’Università per Stranieri di Perugia.

Secondo Culianu, la coppia sanguinaria che aveva prosciugato la Romania non era stata sconfitta in una rivoluzione per la libertà, Nicolae ed Elena Ceausescu erano stati gli agnelli sacrificali di un golpe in piena regola. Entrambi, dopo solo un’ora di processo, vennero uccisi con due colpi di pistola alla nuca. Una delle firme della polizia segreta. 

Culianu non poteva sapere che da lì a poco sarebbe stato vittima della loro stessa sorte, ma viste le frequenti telefonate minatorie, che lo perseguitarono prima di essere ucciso e considerata la sua sensibilità, probabilmente, egli riuscì forse ad intravedere i contorni della trappola che era stata preparata per lui dopo aver rivelato l’identità degli stregoni dietro l’operazione magica di Timisoara. 

 

Magia ed erotismo erano per lo studioso rumeno le fondamenta anatomiche del potere politico, sia che lo si incontrasse nelle candide vesti democratiche, sia che si avesse la sfortuna di conoscerlo negli abiti castigati della dittatura. In Eros e magia nel Rinascimento, Culianu cifra la sua teoria politica in un saggio che solo in apparenza si proponeva di analizzare storicamente lo sviluppo della magia mediante l’indagine dell’eros e delle arti della memoria, ma che in effetti si rivela il suo testamento sui segreti del potere politico. 

 

Ciò che comunemente chiamiamo ‘eros’ è nei fatti una tensione, una spinta che muove qualcosa verso qualcos’altro. Culianu tendeva naturalmente al mondo della mistica e della mistificazione politica, era eroticamente attratto da questi argomenti. Come torna a dirci Ted Anton Culianu “amava vaticinare il futuro dei suoi studenti e spesso faceva previsioni che si rivelavano inquietantemente azzeccate“. Anche sotto le vesti di scrittore, nei suoi racconti fantasy e polizieschi – pubblicati su Exguisite Corpse – , “scriveva di eventi politici che si materializzavano mesi o anni dopo, di sette segrete e di omicidi molto simili al suo”. C’era dunque una tensione erotica tra il modo in cui Culianu visse e il modo in cui se ne andò da questo mondo. 

 

Magia: come l’eros, i fantasmi e l’arte della memoria possono influenzare gli altri

Come possono l’eros e una roba come la magia centrare con le zone d’ombra dell’arte del governo? 

Durante il Rinascimento, la magia acquista una nuova forma grazie all’incontro tra branche diverse del sapere: le teorie mediche sull’eros e le arti della memoria. Si configura così come il progenitore della psicanalisi, della psicosociologia applicata e della psicologia di massa.

Il concetto di eros, che veniva squadernato nei testi degli umanisti, era un oggetto di ricerca che aveva catturato l’interesse degli studiosi più brillanti d’Europa per secoli. 

Ad essere ‘erotico’ è un rapporto che solo perifericamente ha a che fare con l’innamoramento: “Per il pensiero greco, la sessualità rappresentava, in generale, solo una componente secondaria dell’amore”, ricorda Culianu, ecco perché,  attraverso l’esplorazione teorico-pratica dei maghi e dei filosofi naturali, gli influssi di Eros verranno formalizzati, durante il Rinascimento, non all’interno della letteratura romantica ma in quella medica, dal momento che trovarsi sotto di essi significava esperire uno stato patologico. 

 

Nella poesia tre-quattrocentesca, tra mondo arabo e cristianesimo medievale, nasce un nuovo stile di vita artistico, esemplarmente condotto dai poeti dell’amor cortese, che non rifugge dagli influssi ‘patologici’ dell’eros, ma li ricercava attivamente.

L’atteggiamento dei trovatori e degli intellettuali come Dante, Petrarca e Boccaccio, con le dovute differenze, era indice di un maledettismo che non trafficava con hashish e oppio ma con le malattie erotiche, effluvi patogeni generati da fantasmi femminei che volutamente venivano fatti agire indisturbati dai cantori dell’amor cortese sulle loro menti, per mantenerle così schiave di immagini che consumavano lentamente l’animo, monopolizzando le energie psichiche. Tutte le donne cantate dalla poesia medievale sono fantasmi, gusci vuoti e larve spettrali, che aumentano il desiderio morboso proprio in virtù del loro essere irraggiungibili se non mediante viaggi estatici in cui il poeta andava letteralmente fuori di sé (ex-stasi, stare fuori). 

 

Perché parliamo di fantasmi? Secondo il pensiero antico tutto ciò di cui facciamo esperienza è innanzitutto mediato dalla vista, il mondo si presenta a noi come immagine, perciò era senso comune considerare la vista una forma di energia propulsiva relata alle immagini. 

Dall’antichità greco-romana, passando per il medioevo cristiano, fino alla magia neoplatonica di Ficino, il sapere magico si era basato sugli enunciati della psicologia aristotelica, secondo cui la mente ha una natura sostanzialmente fantastica e i fantasmi, ossia le immagini mentali, avrebbero una precedenza ontologica sulla parola. Già secondo Platone, dalle pupille fuoriuscivano dei raggi infuocati capaci di ‘catturare’ l’immagine delle cose, ma non le cose stesse. La memoria era dunque concepita come l’archivio dei fantasmi, le tracce di un ‘fuori’ per noi inconoscibile nella sua immediatezza. 

L’immagine si imprime sul nostro spirito, o ‘pneuma’, che è la pellicola formatasi lungo la discesa dell’anima dai cieli iperurani verso la terra.

Secondo la peculiarità di ogni caduta dell’anima verso il corpo, lo pneuma di ciascuno, come una tavola di cera, riceve dall’influenza dei pianeti di cui attraversa i cieli delle impressioni che si incidono sulla sua superficie. Dal momento che, principio dei principi della magia antica, l’universo è un cosmo vivente, in cui macro e micro sono dimensioni speculari e simmetriche, le immagini, o ‘tatuaggi’, presenti sullo pneuma, possono essere manipolate permettendo così di intervenire nel macrocosmo e viceversa. Ciò è il fulcro della magia simpatica, quel tipo di operazioni in cui mediante la fabbricazione di simboli si riesce a fare presa sul soggetto rappresentato. L’iconosfera, l’insieme di tutte le immagini, è la cerniera analogica che garantisce l’unione tra la dimensione umana e quella della natura. O meglio tra linguaggio e mente.

 

Comprendere la relazione tra microcosmo – il linguaggio – e macrocosmo – la mente -, significava agire nella convinzione che il simile riconoscesse il simile, pertanto ogni analogia è la garanzia di una fusione tra mente e linguaggio. È questa la dinamica propriamente erotica che caratterizzava l’universo della magia rinascimentale: l’attrazione tra microcosmo e macrocosmo rendeva l’eros la Teoria delle Stringhe del mondo antico. 

 

L’arte della memoria, in cui era maestro lo spagnolo Raimondo Lullo, celebre esoterista polimata del xiv secolo, era la tecnica a cui ci si rivolse per la manipolazione dei fantasmi (phantasmoi). Tra le mnemotecniche più suggestive vi era sicuramente quella dei palazzi della memoria, consistente nell’erigere una sorta di complesso reame interiore, dove l’individuo poteva viaggiare mentalmente attraversando il suo bagaglio di informazioni, orientandosi tramite l’associazione di immagini, colori e suoni, per così dire ‘artificiali’, simboli cioè costruiti consapevolmente dalla creatività dell’esperto di mnemotecnica. 

Superando per un secondo il concetto di ‘immagine’ e quello di  ‘parola’, il cuore vitale dell’arte della memoria è il possesso e la gestione di un grande database di informazioni.  Lo stream di dati è la forza che il mago vuole controllare e replicare per i suoi fini o per conto di terzi: la mnemotecnica, assemblata in ambito medievale per permettere ai frati di memorizzare le virtù teologali, divenne, durante il primo umanesimo, uno strumento per accumulare potere grazie all’accumulazione di sapere. 

 

La magia non è altro che la capacità di governare ‘eroticamente’ la mente del prossimo, ma come? Dal momento che secondo la psicologia antica il desiderio, che tutto muove, era considerato l’effetto della penetrazione di un fantasma nell’animo umano, la creazione di fantasmi artificiali avrebbe garantito la possibilità di suscitare desideri inconsci in grado di avvantaggiare l’artigiano delle immagini.

I maghi di allora – come i maghi di oggi – attingevano da grandi database analogici atti a catalogare potenti immagini mentali al fine di controllare eroticamente i fantasmi presenti nello spirito degli individui e dei gruppi. È possibile così distinguere una magia soggettiva, ben esemplificata dai poeti dell’amor cortese di cui abbiamo parlato prima, che ha una relazione uno a uno,  e una magia intersoggettiva, di uno o pochi verso molti.

 

La magia e il potere

E’ nell’arte del governo che la magia intersoggettiva trova il suo spazio d’opera, e il primo a fare una sintesi efficace di questo strumento di manipolazione, portandolo ai massimi livelli, fu Giordano Bruno. Nel De vinculis, Bruno rielabora la teoria dei sigilli, o vincoli, tramite i quali i maghi rinchiudevano i fantasmi mentali all’interno di veri e propri ideogrammi, attraverso i quali si esprimeva la loro volontà. E’ a partire da questa rielaborazione che possiamo intravedere la magia come l’uso di una complessa arte della memoria: il mago trasforma i dati in informazioni e rivende le sue sintesi a chi vuole utilizzarle per suggestionare altri, quindi al potere.

Culianu afferma in Eros e magia nel Rinascimento che Bisognerebbe essere al corrente dell’attività segreta dei vari ministeri della propaganda e poter dare un’occhiata ai manuali delle scuole di spionaggio”, e poi bisognerebbe metterli in relazione ai trattati vergati dal Nolano, per comprendere come, nella realtà dei fatti, Giordano Bruno non fu un anticipatore della scienza moderna ma un precursore della manipolazione delle masse, anzi, egli fu l’esemplare perfetto del “grande mago manipolatore”.

 

Se Il Principe di Machiavelli è l’antenato dell’avventuriero politico”, figura del tutto scomparsa, il mago di cui Giordano Bruno parla nel De vinculis, per Culianu, è “il prototipo dei sistemi impersonali dei mass media, della manipolazione globale e della censura indiretta”. “Erotica” era per Giordano Bruno quella magia in grado di suscitare le passioni nell’animo altrui, attraverso dei ‘legami’ atti a ‘vincolare’ e manipolare il prossimo. 

L’attualità del pensiero di questo filosofo della natura consiste pertanto nell’aver rintracciato il fulcro empirico della futura psicanalisi e della psicologia delle masse: ossia l’esistenza delle pulsioni inconsce e la natura fantasmatica del desiderio individuale e collettivo. Egli presagì che l’arte del governo si sarebbe giocata un giorno sulla capacità del potere di modificare le percezioni collettive dell’opinione pubblica, ma anche che ciò sarebbe avvenuto su una scala molto più vasta, come infatti accadde con la nascita degli imperi coloniali e come oggi accade con le entità multiformi che assume il capitalismo della sorveglianza. 

 

La storia recente acquista così tutto un altro sapore, se guardiamo al recinto di casa, i nostri occhi sprofondano nella paranoia quando iniziamo a vedere casi, come gli anni di piombo in Italia, come il frutto di grandi operazioni magiche di trasfigurazione e mistificazione della realtà; dopotutto, la strategia della tensione cos’è, se non un artificio magico per instaurare l’idea, il fantasma, della paura nel cuore del cittadino e portarlo a desiderare più sicurezza e a spostarsi verso posizioni più conservatrici? 

Tutta la storia repubblicana italiana – ma è possibile estendere il ragionamento a tutte le repubbliche e agli stati della modernità post-westfalica – è una storia caratterizzata dalla convivenza nei salotti occulti di ‘stregoni’ e politici. La storia moderna in generale, è la vicenda di  avanzamenti tecnologici che non hanno scardinato il sapere magico ma al contrario lo hanno favorito, aprendo nuove zone di inesplicabilità che richiedono l’assunzione di autorità da parte di quelle categorie in grado di processare il carico di ignoto per poi codificarlo al fine di farlo digerire dalla società. Chi possiede i codici, possiede il pass per entrare nel palazzo simbolico degli arcana imperii

 

Roberto Calasso ebbe a dire che la sciocchezza della modernità consiste nel pensare che il mistero sia una mistificazione, senza rendersi conto che è la mistificazione il vero ed eminente mistero. 

“Ogni impero ha una struttura culturale che ibrida, fisiologicamente, alta tecnologia, politica e magia. Così è stato per la Gran Bretagna, il Reich Hitleriano, l’Urss, la Cina e gli Usa”, dice Denanzoni ne Il trono oscuro. Oggi la stessa cosa accade per la Silicon Valley, regione in cui l’influenza del tecno-spiritualismo risalente al cosmismo russo di Fëdorov, Solov’?v,  Bulgakov e  Florenskij, è sfociata in una tecno-gnosi transumana che ha determinato un cambio di paradigma; per Jung, sia il tecnico esperto, che lo scienziato, partecipavano all’archetipo del mago-stregone, così come Agrippa, Ficino, Dee e Giordano Bruno.

Ma se “il mago elisabettiano, lo stregone russo o l’occultista nazista si muovevano lungo l’assetto istituzionale di una dimensione politica e monodirezionale (…), il digitale, l’alta tecnologia, l’intreccio di robotica, sistemi algoritmici, Internet, determinano per la prima  volta l’emersione di forze e polarità che trascendono il mondo e la volontà di conquista” degli Stati nazionali, rivelando un abisso oscuro, fuori dai margini del diritto, dove chi resta a galla è colui che ha introiettato che la società non si basa su una verità, ma sulla menzogna e la cui unica legge è “Fai ciò che vuoi”

 

Per la prima volta, il rapporto tra chi detiene il potere e chi controlla il flusso di informazioni si è allentato se non addirittura interrotto e oggi, accanto alle grandi – ma probabilmente obsolete – strutture nazionali, vediamo grossi colossi privati in grado di minacciare il monopolio statale sul potere. Al netto delle tante discontinuità, i processi storici mantengono comunque strati concettuali di fondo che li accomunano e così i successi della tecnica contemporanea sono i sogni della metafisica e della magia antica.

L’era della disintermediazione digitale ha generato nuovi stregoni, sono loro, i tecnosciamani della Silicon Valley che rendono il nostro tempo il secolo di Giordano Bruno, il filosofo da cui Culianu trasse la conoscenza segreta che lo portò alla morte a cui era destinato, ma anche l’inconsapevole nume tutelare delle zone d’ombra più malevole del nostro recente passato e del nostro immediato futuro. 

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