Riscattarsi con buongusto

Immagine in copertina: dettaglio dell’illustrazione di Contessa Lara realizzata da Maria Bandini Buti sull’Enciclopedia biografica e bibliografica italiana: poetesse e scrittrici (Roma, 1941), p. 149.

di Francesca Romana Cicolella


Se immaginate che le signorine perbene della fine dell’800 siano cresciute leggendo solo la grande letteratura vi sbagliate di grosso. Donne e ragazze, quelle della borghesia media e alta, leggevano la Pagina delle Signorine e non andavano a nessuna festa senza aver prima consultato la Nota del Buongusto. Ad aiutarle nel destreggiarsi nel duro mondo della bella società c’era Eva Giovanna Antonietta (chiamata Evelina) Cattermole, scrittrice conosciuta come Contessa Lara.

Famosa per i suoi amori tormentati, oggi sarebbe su tutti i giornali per il caso di femminicidio di cui fu vittima, uccisa dal pittore che disegnava illustrazioni per i suoi articoli di costume e che le sparò per una lite banale. Quel che però è davvero interessante della sua storia è altro: Contessa Lara fece del suo amore per la scrittura e del giornalismo uno strumento di riscatto e innovazione, sebbene ancora oggi pare non se ne sia accorto nessuno. 

Insomma, la storia di Contessa Lara è affascinante nella sua parte meno conosciuta, ma partiamo dall’inizio.

Evelina Cattermole inizia la sua carriera con poesie – che pubblica in raccolte di ispirazione romantica come Canti e ghirlande – e racconti. Scriveva con l’intento di mettere nero su bianco i suoi sentimenti che, però, poco arrivavano ai lettori. Le sue prime composizioni non ricevettero alcuna recensione positiva e vennero poi etichettate come esercizi di una poetessa in erba. Notata nei salotti soprattutto per la sua bellezza, Evelina sposò il noto Conte Mancini. Questo matrimonio la mise in contatto con i migliori letterati, artisti e politici che frequentavano il salotto Mancini, ma la rese fortemente infelice: il conte, infatti, non le dava attenzioni e quel matrimonio tanto agognato divenne fonte di tristezza. In una delle sue poesie, intitolata Di Sera e inserita poi nella raccolta Versi, racconta dei vizi e del modo in cui il Conte Mancini la trascurava:

Ed eccomi qui sola a udire ancora

Il lieve brontolio de’ tizzi ardenti,

Eccomi ad aspettarlo: è uscito or ora

Canticchiando co’l sigaro tra i denti.

Gravi faccende lo chiamavan fuora:

Gli amici, a’l giuoco de le carte intenti

[…]

Poi torna allegro, m’accarezza il viso,

E mi domanda se son stata buona,

Senza nemmeno sospettar che ho pianto

Evelina finì per innamorarsi di uno dei più cari amici del marito, il Conte Giuseppe Bennati di Byron. Il duello che seguì alla scoperta del tradimento provocò la morte dell’amante e la mise al centro dei pettegolezzi, macchiando di fatto la sua reputazione. Il Conte Mancini, sostenuto da grande folla al suo processo, fu assolto per difesa d’onore e ottenne la separazione. Ma Evelina non si perse d’animo: ancora innamorata di Byron al punto da firmare i suoi scritti, per un breve periodo, come Lina di Byron, si trasferì a Firenze, non smise mai di scrivere e ricominciò a frequentare i salotti letterari riconquistando, non senza difficoltà, posizione in società.

A cambiarle la vita fu l’incontro con Angelo Sommaruga – l’arbitro delle fortune poetiche d’allora, personaggio dominante di una cronaca letteraria fervida e bizzarra quanto altra mai, così descritto da Maria Borgese, biografa di Evelina – che vide nella giovane scrittrice un talento su cui puntare. Spinta un po’ da Sommaruga, un po’ dallo spirito di rivalsa, Evelina cambiò nome e divenne Contessa Lara, pseudonimo di matrice letteraria grazie al quale troverà pian piano la sua vera dimensione artistica e letteraria. 

Vi prego, non scrivete più in corsivo Contessa Lara come fosse uno pseudonimo. Io non ho altro nome al mondo. 

Questo scriverà Evelina e, da questo momento in poi, la firma di Contessa Lara sarà conosciuta e riconosciuta sempre più dai lettori. Gabardo Gabardi, giornalista a lei contemporaneo, parlò di lei così:

Nel 1884 la fama della Contessa Lara brillava di tutto il suo splendore. Accolta con trasporto nel cenacolo sommarughiano che copriva in quei giorni delle sue grandi ali tutta la giovane letteratura italiana, la bella e capricciosa poetessa si era subito imposta all’attenzione del pubblico e della stampa sotto un aspetto nuovo e assai migliore di quello che qualche anno prima – aveva richiamato sopra di lei la morbosa curiosità dei dilettanti di scandali. Il talento, anzi, era stato per lei una vera riabilitazione. 

Sommaruga, probabilmente conscio delle potenzialità di Contessa Lara prima come personaggio e poi come scrittrice, la convinse a trasferirsi a Roma e pubblicò, donandole un inaspettato e clamoroso successo, la sua raccolta di poesie Versi. Erano passati sedici anni dal fiasco di Canti e Ghirlande e finalmente, con questa raccolta, Contessa Lara ottenne l’agognata critica positiva. Toni romantici e vicende biografiche erano sempre al centro della sua poesia, che ora però appariva più matura. I versi non erano altro che episodi di vita che sembrano formare un lungo, e forse non realmente avvincente, romanzo sentimentale. 

Deserta tanto è già la casa mia

Dove non suona d’un fanciullo il grido,

E par che vuota e vacillante sia

Come d’autunno abbandonato il nido

Raccontava l’impossibilità di avere figli e la sua infelicità, con la costante propensione a riversare nei componimenti i suoi tormenti e la rabbia verso le cause esterne che la rendevano triste. Amore, morte, passione apparvero ancora nella successiva raccolta E ancora versi, piena di parole così: 

Addio per sempre. Io mi domando intanto:

Noi ch’oggi a caso ci passiam vicino

L’un per l’altro che siam? Forse l’amore

Qualcosa cominciò a cambiare con la quarta e ultima raccolta Nuovi versi. 

Con meraviglia dolorosa e pia

Mi vò chiedendo se io proprio li scrissi

[…]

E què versi rinnego.

Contessa Lara qui era convinta di aver trovato il grande amore e, nel frattempo, si approcciava ad una maturità artistica che cambiava sempre più i suoi connotati di scrittrice.

La mondanità, la vita romana e i suggerimenti del suo editore ebbero di certo un ruolo importante e le permisero di studiare da vicino e conoscere i gusti del pubblico. Sui lettori la sua opera cominciava ad avere presa, si riconoscevano nelle sue descrizioni e lei, con sempre maggior consapevolezza, faceva in modo che ciò accadesse. 

Di Contessa Lara si cominciò a parlare sempre più spesso, molti intellettuali non riuscirono mai ad ammirarla, altri non poterono fare a meno di amarla. Ad esempio Carducci, che di lei disse

La Contessa Lara è la donna…con le sue debolezze che ci fan delirare, con le sue energie che ci fan tremare…e le leggi non la toccano, e i costumi non la modificano, e i pregiudizi e le convenzioni sociali non la offendono…è giovane, è bella; è bionda, è aristocratica…

Contessa Lara si approcciò alla scrittura di novelle, romanzi d’appendice e articoli mondani con scetticismo, convinta inizialmente che le servissero solo per guadagnare mentre si dedicava ancora alle sue poesie e ai suoi racconti. Scoprì però pian piano le grosse potenzialità della scrittura in prosa, capace di trasmettere messaggi senza abbandonare i temi più cari. I titoli delle raccolte di novelle, come Storie d’amore e di dolore e Storie di Natale anticipano il tono patetico dei racconti, in cui la scrittrice inneggiava continuamente all’amore puro e al diritto di ogni donna, forte ma sensibile, di scegliere l’uomo giusto.

In un periodo in cui l’editoria si stava aprendo alle donne, Evelina Cattermole fece di Contessa Lara l’esempio di emancipazione e capacità di comprendere e assecondare le tendenze letterarie. Queste storie non le invento: le riporto scriveva introducendo le sue novelle. Quella della sua narrativa è la società dedita a ricevimenti, feste, battute di caccia, passeggiate e visite di cortesia all’insegna del pettegolezzo. Era questa la descrizione, condita da particolari su abbigliamento e arredamento dei palazzi, che più veniva apprezzata dalle lettrici. 

Contessa Lara parlava di sé, di quella società che un po’ critica e un po’ ama, dei suoi sentimenti e di quelli di tutte le donne innamorate e forti anche ne L’Innamorata, il suo romanzo di maggior successo. Trama semplice e scontata di un amore tormentato che vedeva, però, il riscatto della donna protagonista, capace di destreggiarsi tra salotti, feste e passioni.

Il successo aumentò anche con il suo secondo romanzo d’appendice, La scalata della fortuna, che rende ulteriormente l’idea della sua capacità di raccontare un mondo, quello del giornalismo e della vita culturale, affascinando anche i suoi lettori.

Il romanzo è ambientato nella redazione giornalistica del Nano d’Oro dove Lanciroli, proprietario del giornale, scopre il tradimento della sua fidanzata Nadina Sgoff, affascinante ballerina russa. La coglie in flagranza con Giorgio Romei, giovane giornalista appena arrivato a Roma e al giornale. Nadina confesserà il tradimento e, soprattutto, la sua abitudine a prostituirsi. Capitoli sulla situazione politica romana e sulla vita nei salotti si alternano alle vicende di personaggi secondari e a quelle di Nadina e di Giorgio, la cui scalata alla fortuna nel mondo del giornalismo sembra possa essere compromessa da una lettera contenente informazioni importanti. Peripezie di vario genere – che occupano molti numeri del giornale – e un inaspettato e scontato lieto fine fanno di Contessa Lara e della sua opera una firma sempre più seguita. Lei sapeva di essere apprezzata, più scriveva più imparava a cavalcare l’onda del successo nel migliore dei modi. A questo seguiranno altri romanzi, anche per ragazzi, che l’avvicineranno ulteriormente a famiglie e adolescenti, affascinati da quel modo di narrare tra cronaca e fantasia.

Il giornalismo di Contessa Lara

Scrivere sui giornali, poi, voleva dire farsi conoscere, frequentare gli ambienti migliori e potersi permettere una vita culturale soddisfacente. Letteratura e giornalismo si intersecavano sempre più nei suoi scritti e Contessa Lara, innamorata e dipendente dell’una e dell’altro, lavorava incessantemente. Fu in questo momento che Matilde Serao, la più nota figura femminile della storia del giornalismo, disse che “bamboleggiava” per emergere. Ebbe una storia, o più probabilmente una semplice notte di passione, con Gabriele D’Annunzio. Lui la nominò in un paio di scritti e le dedicò la poesia A Donna Evelina Cattermole, lei gli copiò un po’ di stile, rintracciabile nelle analogie tra il Piacere e L’innamorata e nella scelta di raccontare minuziosamente, anche negli articoli, salotti romani e feste borghesi. 

Il primo articolo giornalistico di Contessa Lara appare su Cronaca Bizantina il 1 Aprile del 1883.  Contessa Lara ora fa un salto di qualità, abbandona le tristezze e insicurezze delle passioni tormentate e punta su ciò che ora sa di saper fare bene, facendo spallucce di fronte alle critiche. Ci si abitua, non si vergogna più di stare in società anche se suo marito ha ucciso il suo amante e di lei si dice il peggio. Capisce, man mano che cresce nelle redazioni, che il giornalismo sarà il suo più grande potere. Con i suoi articoli e le sue rubriche Contessa Lara instaurò un legame forte con il pubblico, divenne davvero interprete di quella stessa società che prima l’aveva giudicata. Con il giornalismo questa scrittrice stava riuscendo a mostrarsi come persona nuova, semplicemente raccontando il suo mondo.

Contessa Lara, sfigatissima in amore e perennemente alla ricerca della favola che non troverà mai, diventava pian piano una donna indipendente e sicura di sè.

Ho letto l’articolo della Serao sul Fracassa e mi sento così poco bambola di Norimberga che ho riso di cuore. Quell’articolo è pieno di contraddizioni, di malignità femminili delle quali non avrei creduta capace la Serao che ha dello spirito. Quanta differenza dal modo in cui l’ho giudicata a quello in cui essa giudica me! Pazienza!

Questo scrive quando viene a sapere delle critiche di Matilde Serao, di cui forse qualche tempo prima avrebbe temuto il giudizio. Se è vero che il potere dell’informazione è nell’orientare un pensiero, Contessa Lara ne diviene emblema.  Con il giornalismo cambiò l’opinione che c’era di lei, con il giornalismo divenne chi avrebbe sempre voluto essere, permise alla sua figura di donna indipendente di essere la parte giusta della buona società. Con il giornalismo comprese i suoi limiti e ne fece punto di forza, tanto da poter rispondere “Pazienza!” ad quell’altezzosa Matilde Serao.

Contessa Lara fu una delle prime donne ad essere iscritta all’Associazione della Stampa e la prima donna lavoratrice dell’Italia post-unitaria a mantenersi da sola. Vero è che l’Aidda Toscana – associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda – ha deciso di farne, come ha scritto Repubblica, esempio di femminilità emancipata e industriosa ristampandone le novelle. Ma non furono forse i suoi articoli a fare di lei una donna nuova, forte, indipendente? Non è forse grazie al giornalismo che Contessa Lara imparò a volersi bene, a puntare sul suo lavoro incessante per abbandonare il passato e divenire nuovo esempio?

Quel che davvero è assurdo della storia di Contessa Lara è ciò che di lei oggi rimane: hanno ristampato le sue novelle e L’innamorata, hanno pubblicato una storia romanzata della sua vita, hanno reso nota la sua biografia ufficiale ma mai nessuno ha raccolto e classificato i suoi articoli di giornale. La sua vita e le molte versioni dei suoi amori e della sua morte hanno occupato più di uno scrittore, affascinato da una donna ambita dagli uomini e disprezzata dalle donne, capace di far parlare di sè e dividere l’opinione pubblica. Gli scritti in cui emerge davvero cosa lei sia stata in grado di fare con il suo saper stare in società, con il suo appeal e il suo impegno, in cui emerge chi fosse davvero questa giornalista non hanno avuto alcun tipo di spazio. 

L’unica che ha parlato della sua carriera giornalistica è Anjusca Zoggia – le ha dedicato l’articolo “Un’emblematica presenza nel giornalismo di fine ‘800: la Contessa Lara” in Lettere Italiane – che in breve ci dice cosa scrisse e come. 

Non abbiamo neanche un elenco preciso delle testate, sappiamo solo che apparve assieme a Carducci, D’Annunzio, Verga e Capuana su Fanfulla della Domenica, Domenica Letteraria, Cronaca Bizantina, Roma Letteraria e Tribuna Illustrata con due tipologie di articoli: prima gli articoli di critica letteraria, musicale e artistica, poi le rubriche mondane.

Il lettore si sarà accorto che non ho fatto qui un brano di critica; avrei potuto sbizzarrirmi in raffronti, cercar le possibili derivazioni da questo o da quell’altro autore. Invece no. Io ho semplicemente voluto dire a chi brama leggere qualche cosa di nuovo che sia buono. – Sapete? C’è un altro giovane poeta d’ingegno di là dai Pirenei. 

Con un pizzico di sana furbizia, sempre più conscia delle sue capacità e con la voglia di fare qualcosa di diverso, Contessa Lara contestò la critica letteraria tecnica e pedante e decise di scrivere articoli ricchi e dettagliati ma semplici. Si dichiarò amante del bello, trovando di fatto la formula giusta per non assumere mai una posizione netta nel dibattito letterario e artistico. Parlava di un autore o di un artista raccontando particolari della sua vita privata e del suo modo d’essere che mai prima avevano trovato spazio, suscitando quindi curiosità anche verso l’opera, che poi descriveva senza eccessivi tecnicismi. Molte metafore e similitudini, un linguaggio forbito ma comprensibile a tutti e il gioco è fatto: la cultura che piaceva a lei arrivava a chiunque, con leggerezza e semplicità. In breve tempo le sue recensioni risultarono le più lette e apprezzate.

Sappiamo che La Tribuna le affidò anche una rubrica d’arte figurativa, sfruttando le sue competenze maggiori rispetto a letteratura e musica. Piaceva a tutti, lo sapeva lei, lo capirono gli editori.

L’altra parte della sua produzione – la più interessante e forse divertente – è quella delle rubriche mondane. Qui entra in scena un’importante dote di Contessa Lara: sapeva stare in società. Non partecipava a serate, eventi e feste bamboleggiando accanto ad un uomo o facendo pura presenza, lei viveva la società: ascoltava i discorsi delle donne, ne era parte integrante e, man mano che il tempo passava, imparava a capire perfettamente cosa i borghesi (e le borghesi soprattutto) amassero fare, ascoltare, leggere.

Il buon gusto è […] indefinibile; lo si sente, ma non si può spiegarlo. Una donna di buon gusto, per esempio, sa essere originale senza cadere in alcuna eccentricità; sa trovare quel non so che capace di rivelarla in tutto quanto la circonda, la riguarda, ha un’attinenza con lei; a principiar dalla camicia che ella indossa per finire ai suoi autori preferiti nelle pagine letterarie e in quelle musicali. Ora, gli è appunto in onore del buon gusto, di questo segreto di tutte le vere eleganze, ch’io dedicherò qualche pagina alle benevolenti lettrici del nostro periodico; il quale, per aver fortuna, si raccomanda innanzi tutto al grazioso e possente patronato femminile: ricordando che ce que femme veut Dieu le veut.”

La Nota del Buongusto, La Nota Mondana, la Pagina delle Signorine: è con rubriche come queste e con incipit come quello riportato che Contessa Lara, tramite le pagine di tutti i quotidiani e periodici, conquistò il cuore delle lettrici aristocratiche e borghesi. Consigli, posta del cuore, indicazioni di moda e di letture adeguate, arredamento domestico e buone maniere. In poco tempo, da donna mal giudicata Contessa Lara divenne il guru di ogni adolescente e della sua mamma. In nome del buongusto la giovane giornalista incitava le donne ad essere indipendenti e forti senza mai mancare di rispetto agli uomini di casa, le spingeva a farsi belle per sé stesse. I suoi articoli di moda, arricchiti da storia dei tessuti e delle mode europee, raccontavano come stare in società e cosa sapere per essere una spanna sopra.

La Pagina delle Signorine, interamente dedicata alle adolescenti, è di certo la rubrica più furba. In chiave pedagogica, Contessa Lara divenne la principale dispensatrice di consigli. 

Arrivati a questo punto della sua carriera, più nessuno si ricordava delle sue storie d’amore finite male, dei suoi tradimenti e della sua vita fuori dal comune: lei è la donna a cui le madri aristocratiche e borghesi possono affidare le loro figlie, certe di un’educazione sana, rispettosa e perfetta. Che utilizzasse come prototipo da trasmettere ciò che avrebbe voluto essere o ciò che la società e i giornali si aspettavano non lo sappiamo, quel che è certo è che riuscì a trasformare il giornalismo nella sua fortuna e a sfruttarne totalmente e pienamente le potenzialità.

Una donna il cui essere morale è assai elevato – cuore e intelligenza – è tutta illuminata da quella luce interiore. Il suo viso, divenuto traslucido, il suo contegno, d’una nobiltà sovrana, rivelano il suo moto interno; l’esercizio del pensiero, le idee spiritualizzate, i generosi sentimenti, la vittoria sulle debolezze.

Cuore e intelligenza: questi gli ingredienti chiave per vivere nel modo migliore, quelli che Contessa Lara consigliava alle giovani donne e che oggi ritroviamo in questa giornalista.

Definita libertina, femminista, Madame Bovary dei salotti romani, bambola e scrittrice – cito dalla critica di Benedetto Croce – dalla sensibilità limitata dalla sua stessa femminilità , forse fu tutto questo o nulla di ciò. In un’epoca di donne votate al potere maschile e alle buone maniere, proclamò in maniera sottile e con successo l’indipendenza di ogni donna senza intaccarne la femminilità, seppe leggere la società e sfruttarne punti deboli e punti di forza. Contessa Lara si spogliò dei pregiudizi, non abbandonò mai le sue passioni, fu una lavoratrice instancabile e dimostrò a tutti che della sua scrittura poteva farne arte e potere. 

Non fu una grande scrittrice, probabilmente non vale la pena leggere i suoi romanzi e le sue poesie smielate, ma uno sguardo meno superficiale alla Pagina delle Signorine ci restituirebbe una bella lezione sul quarto potere, oltre che un consiglio di stile evergreen. Da protagonista dell’informazione mondana, Contessa Lara ne divenne autrice, riscattando sè stessa, riversando nel giornalismo i suoi desideri e le sue idee senza alcun verso patetico, facendone arte di persuasione oltre che informazione. 

Il funerale di Contessa Lara e l’asta dei suoi beni furono tra i casi di cronaca mondana più letti e seguiti del tempo. Ma forse solo lei sarebbe stata in grado di raccontarcelo in modo avvincente.

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