In copertina: La durée poignardée di Renè Magritte, 1938
Come Contro-passato prossimo di Morselli si scontra con le teorie di Carrère e rende l’ucronia un’alternativa storica
Nel 1986 Emmanuel Carrère scrive Ucronia che oggi, trentotto anni dopo, Adelphi pubblica tradotto in italiano. Per definire le coordinate critiche di quello che, più che un genere, diventerà una corrente nella quale si infileranno vari autori nonché il titolo del suo saggio (Ucronia appunto), Carrère utilizza come punto di partenza un testo miliare: Thomas Moore sta all’utopia come Charles Renouvier sta all’ucronia, e infatti Carrère cita Renouvier. Nel 1976 conia il termine ucronia e Carrère utilizza la sua definizione per tratteggiarne, all’inizio del saggio, i lineamenti. Prima del 1976 e di Renouvier le ucronie non erano definite tali –pensiamo a La svastica sul sole di Dick, ad esempio, che è del 1962. L’ucronia, per Renouvier, è uno “schizzo storico apocrifo dello sviluppo della civiltà europea, non come è stato, ma come avrebbe potuto essere”.
Con un ritardo meno incisivo sul piano cronologico ma estremamente più doloroso su quello umano (sulla sua tumultuosa storia editoriale ho scritto un altro articolo Cinquant’anni da Roma senza papa. Fu davvero l’emersione di Guido Morselli?) Adelphi pubblica nel 1975 un libro intitolato Contro-passato prossimo. Il suo autore è Guido Morselli, che aveva finito di scrivere quel libro tra il 1969 e il 1970 e, soprattutto, che la notte del 21 luglio 1973 si è suicidato. Morselli non vedrà in libreria Contro-passato prossimo come nessuno degli altri suoi otto romanzi, ma da subito le caratteristiche dell’opera permettono oggi di metterlo in dialogo con Ucronia di Carrère.
Contro-passato prossimo è un rovesciamento della sorte della Prima guerra mondiale: racconta il processo e le condizioni che portarono (o avrebbero potuto portare) alla vittoria del conflitto da parte degli Imperi Centrali, e non dalle Potenze dell’Intesa. Una conquista della guerra resa possibile da un’incredibile spedizione condotta dal maggiore Von Allmen, protagonista di tutta la prima parte del romanzo. In seguito allo scoppio della Grande Guerra, la Germania riesce a penetrare la Francia e sconfiggere l’Inghilterra: “è il 23 ottobre 1916, gli Imperi centrali hanno vinto la guerra”. Nascerà, nella seconda parte del libro, un nuovo assetto politico europeo, sotto la guida del lungimirante Walther Rathenau, cancelliere del Reich dopo il rapimento del Kaiser.
All’interno del romanzo c’è un Intermezzo critico che permette di porre Contro-passato prossimo in dialogo con Ucronia; Morselli lo sottotitola Conversazioni dell’editore con l’autore (ironia molto ucronica della sorte: se Morselli non ebbe editori in vita, la sua carriera è essa stessa un’ucronia nella storia delle lettere italiane). In questo finto dialogo, dove di fatto Morselli è interrogato e interrogante di se stesso, l’“Autore” definisce la sua opera in modo perentorio. Scrive: “qui si tratta di res gestae, per mostrare che erano gerendae diversamente”; esattamente come il Renouvier da cui prende le mosse Emmanuel Carrère.
Proseguendo nel tentativo di definire l’ucronia – soprattutto distinguendola dall’utopia – Carrère la indica come forma pura della narrazione, perché la considera un indirizzo narrativo basato soltanto sulla “fantasticheria”, con lo scopo non di scoprire l’universo reale, ma quelli interni alla narrazione stessa. Lo scopo di Guido Morselli, invece, non è l’universo del reale né quello della narrazione: è sminuire l’autorevolezza della storia. Non alla ricerca dei possibili universi al suo interno, ma con l’obiettivo di dimostrare che proprio quei numerosi infiniti universi sono la prova di quanto sia assurdo affidare le sorti dell’Uomo alla mercé degli eventi della Storia. Quella che in Carrère è la destinazione – possibili universi – in Morselli è lo strumento con cui iniziare a demolire i concetti di realtà, fatto e storia per realizzare un vero mondo senza tempo (ou–kronos), che è possibile instaurare soltanto a partire dalla distruzione del predominio di quanto è storicamente verificato.
Prima di concludere il discorso, Carrère chiede ai lettori di prendere sul serio l’ucronia, di non sminuirne le sue indagini soltanto perché basate su un’eventualità già scartata. È una fantasia che già sappiamo non avverabile, perché possono essere cambiate le sorti di ciò su cui si costruisce un’ucronia, eppure, nonostante questo, Carrère scrive che non dovremmo perdere di vista il punto di arrivo: “la conoscenza disinteressata, che è poi una modalità intellettuale del piacere”.
Questa idea di prendere sul serio l’ucronia è profondamente condivisa da Guido Morselli, che arriverà a definire il suo Contro-passato prossimo un romanzo storico – nonostante i fatti siano storicamente inattendibili. A conferire storicità alla narrazione, secondo l’autore, è sufficiente raccontare quei fatti – pur non storici – in modo storiografico. L’intero romanzo è un minuzioso lavoro di costruzione dell’attendibilità: si accumulano dettagli su dettagli, dati forniti con precisione, puntualità e acume nella descrizione di strategie e operazioni militari. Se non sapessimo che quei fatti non sono mai accaduti, penseremmo che Morselli li abbia vissuti davvero. Questa è la vera purezza della narrazione cui, secondo Carrère, l’ucronia permette di arrivare. Lo scopo di Morselli, però, non è una conoscenza disinteressata, gratuita, quanto un proposito ben preciso: la svalutazione della storia, dalla cui morsa Morselli (nomen omen?) spera di liberare l’umanità.
Il punto per cui, quindi, l’operazione di Guido Morselli si differenzia da tutte quelle illustrate da Carrère è lo scopo dell’ucronia stessa. Nel trattato di Carrère, l’ucronia interviene quando un autore reputa sbagliata per sé una certa piega della storia reale, ovvero quando “anziché concludere che la storia non esiste, preferisce convincersi che sia falsificata e ingannevole, e che sia possibile convincere gli altri di questo inganno, rimpiazzandolo con il suo”. Gli autori chiamati in causa da Carrère hanno bisogno dell’ucronia per “modificare il passato”, in nome di un qualche sogno ideologico o come palliativo per lenire un dolore, o semplicemente perché quel passato lo si desiderava diverso. Allora nella narrazione si fanno accadere le eventualità alternative a quelle avveratesi, per vivere quel passato alternativo almeno fra le pagine di un libro – come una sorta di liberazione.
Rispetto a questo, Guido Morselli è altro. Morselli con Contro-passato prossimo non sta cercando una storia alternativa a partire da una considerazione negativa della storia già accaduta: non sta cercando una versione migliore di quella che si è già verificata, né sta rimpiazzando il caso della storia con il suo.
Guido Morselli spiega chiaramente cosa vuole fare quando scrive: “non ci tengo a mettermi in concorrenza col Fatto. Ci tengo se mai a distinguermene, dal Fatto, questo sacro mostro.” E più avanti dirà “sacrificare il libro al vero è precisamente ciò che mi propongo di evitare”.
Tutte le applicazioni registrate in Ucronia fanno sì che l’ucronia – e lo scrive proprio Carrère – “sia sempre triste”. Perché sembra un gioco ma non lo è, “è ingiocabile per natura, perché non è possibile revocare l’irrevocabile”, e questo limite – per quanto si provi a infrangerlo nella narrazione – riporta ad una condizione drammatica e succube, che è quella umana. Nella maggior parte degli esempi portati da Carrère, il sogno dell’ucronia si sfalda in un rimpianto: “molte cose avrebbero potuto non succedere, il mondo essere migliore. Ma ormai è troppo tardi”. Questo ripiega gli autori nel dramma e assottiglia l’esperimento narrativo arrivando a svuotarlo.
Guido Morselli, invece, gioca nei suoi libri senza avere bisogno di tristezza (non a caso intitola l’altro romanzo in cui deride la storia Divertimento 1889). Al centro di Contro-passato prossimo, nel finto dialogo con un Editore che non comprende il suo lavoro e gli solleva numerosi dubbi sulla forma della storia, ammette di giocare a un gioco serio, con un fine altissimo: “cucire il contro-passato nel passato proprio nel punto dove il congruo e il sensato si sostituiscono all’incongruo e insensato”. Il rimpianto degli autori di Carrère nasce dall’impotenza nei confronti della Storia, Morselli invece avvia il suo romanzo dal presupposto che sia la Storia stessa a essere impotente e su questo rovesciamento è in grado di innescare un’ucronia senza disillusioni e asincronie. Quello che per gli autori di Carrère è già in partenza qualcosa di irrealizzabile, “un gioco ingiocabile” – appunto – in Morselli è la sfida che anima la sua narrativa. Mi viene da dire che la sua fede nella narrazione e nella letteratura è così profonda che davvero Morselli credeva di poter rovesciare la storia scrivendo un romanzo e liberare l’umanità dalla tirannia del Fatto in sé. Arriva a scrivere Contro-passato prossimo grazie alla totale fiducia nella possibilità di scambiare il passato con un contro-passato laddove riesce a individuare il cortocircuito della storia. Non è un’ipotesi infattibile – come per gli ucronisti di Carrère – che, quindi, dopo l’ultima pagina del romanzo diventa solo un’illusione irrealizzabile e possibile solo nel contro-mondo della letteratura. Per Morselli il proposito di installare il contro–passato nel cortocircuito della Storia è qualcosa di estremamente realizzabile: per questo lo sforzo narrativo si concentra sui dettagli e sulla perfezione della forma, e così Morselli raggiunge quella assolutezza della narrazione il cui presupposto è individuato da Carrère nell’ucronia. Può essere d’aiuto un estratto dall’Intermezzo critico nel romanzo di Morselli:
“L’autore. — Lo storicismo rimane una delle strutture portanti della cultura mondiale, checché ne pensi Lévi-Strauss. Basta ricordarsi che è lo scheletro teorico del Marxismo. Quanto alle mie intenzioni, è vero, io vorrei portare un contributo alla negletta, e anzi proscritta, critica ‘alla’ Storia. Un contributo che, se revoca in dubbio la razionalità del reale, non per questo si affida all’ideale, o al sogno. E ecco che, come fanno gli specialisti delle competenti discipline, devo anch’io segregarmi con i ministri, i diplomatici, i militari in particolare. Una galleria di feluche, galloni, spalline, decorazioni. Il che mette bensì un’ombra pesante su questo libro. Evidentemente avrei preferito gli operai e i borghesi, i vetturini, gli strilloni, gli chasseurs e le fioraie, che animano il Ring viennese dell’inizio del racconto. Ma nel vasto evento che qui ci occupa, loro non hanno avuto parte — se non passiva. Li lascio fuori perché non faccio dell’utopia a ritroso. Delineo dei preferibili, non fingo degli ‘optima’.
L’editore. — Lei abbozza una ‘contro-realtà’ (un po’ più che semplice realtà di segno contrario). Rimanendo tuttavia nei termini del realismo.
L’autore. — Dunque, mi concede che il racconto, esatto e non vago, più grigio assai che roseo, non assomiglia alle storie romanzate. L’interpretazione critica che vi è quasi esplicita, quantunque criticabile al pari di ogni critica, è però ragionata. Forse plausibile.
L’editore. — Sia lei piuttosto a concedere che un editore dovrà avere del coraggio per mandare in tipografia tutto questo ‘grigio’, sottotitolandolo: romanzo. E lei penserebbe di inserire nel libro, supposto che venga fuori, questi nostri scambi d’idee, appartenenti a quel retroscena editoriale che il pubblico ignora, e deve regolarmente ignorare?
L’autore. — È una proposta che faccio. Pensi ai futuri recensori: non avranno che pescare là dentro.
L’editore. — Beh, non escludo che la proposta sia presa in esame, e anche se le ho lasciato l’ultima parola, riconosco che nemmeno lei manca di coraggio. Di franchezza, diciamo. Senza complimenti, le carte, le carte critiche, le mette in tavola.”
In Ucronia poi Carrère si spinge ancora oltre, mostrando l’ucronia come un mezzo attraverso cui i regimi totalitari attirano a sé consenso. Scrive l’autore che “l’ucronia a volte serve a sfruttare, con maggiore o minore astuzia, il comprensibile terrore ispirato dall’ipotesi”. È come un simulatore, che anticipa già le tensioni e fa sì che il popolo senta il dovere di proteggersi da un nemico. Una sorta di strumento della repressione o del complotto. Tutto questo fa sì che l’ucronia non sia mai neutrale: è sempre orientata alla e dalla definizione di una versione giusta e una sbagliata della storia. Quindi, secondo Carrère, non può esistere ucronia disinteressata.
Eppure, Contro-passato prossimo è un romanzo fortemente disinteressato a livello storico, proprio perché si propone di prendere in giro l’andamento storico del mondo. Partendo dal presupposto che i vincitori e i perdenti della Prima guerra mondiale potrebbero anche invertirsi di ruolo, Morselli automaticamente si impedisce di patteggiare per qualcuno. È la storia a essere neutrale – in quanto insignificante – nella concezione morselliana del romanzo, e di conseguenza l’orientamento che individua Carrère non esiste in lui: non c’è alcun desiderio di far girare la storia nel verso più giusto per sé. La visione morselliana della Storia assomiglia più a quella che Giacomo Leopardi aveva della Natura: il fatto che gli uomini le siano così tanto indifferenti dovrebbe stimolare l’umanità a fare lo stesso con lei. Non è così determinante come credono gli uomini, sottomettendosi ingenuamente a lei. Questo vuole dire Morselli, in modo epicureo e quindi su tutt’altro fronte rispetto all’idea orientata che aveva Carrère degli ucronisti.
Carrère in Ucronia afferma che la direzione di chi scrive ucronie è sempre “un presente che desidera o che teme, ma che in ogni caso immagina”. Guido Morselli permetterebbe di prolungare e allargare la riflessione di Carrère perché la sua direzione, attraverso l’ucronia, non è il presente né il passato né il futuro. Morselli ha come unico obiettivo la rivelazione dell’arbitrarietà di qualsiasi temporalità, che sia presente, passata o futura. Vuole scardinare la fede nel Fatto, nella Storia e nel dato accaduto. Per farlo, forza le stesse strutture della storia a suo piacimento, adotta le medesime regole di quello che chiama un “sacro mostro”, con lo scopo ultimo di riuscire a distinguersene.
Guido Morselli non cerca un’alternativa a una storia accaduta, ma una liberazione dalla Storia tout court. Non attacca lo specifico svolgimento della Prima guerra mondiale, bensì, attraverso il pretesto delle sorti di quel conflitto, cerca di polemizzare sulla irreversibilità della Storia a cui l’uomo si sottomette impedendosi di vederne, invece, l’aleatorietà. In questo senso Guido Morselli e il suo Contro-passato prossimo arricchiscono la panoramica di Emmanuel Carrère sull’ucronia e sbloccano un’accezione aggiuntiva: oltrepassano le delimitazioni che Ucronia dà alla corrente letteraria che si propone di esplorare.