Vendesi una vita di stenti a solo 1 euro. Il fenomeno del neoborghismo

In copertina: immagine generata con Midjourney

di Claudio De Rosa


La romanticizzazione della vita nel borgo è una narrazione moderna portata avanti da enti e associazioni turistiche durante l’ultimo ventennio. Questo fenomeno viene definito con il termine neoborghismo dallo scrittore Michele Masneri nel suo articolo sul Foglio, “Uno dei borghi più belli d’Italia. Ma come fanno a esserlo tutti” ; o, se preferiamo, è possibile utilizzare il termine piccoloborghismo, dal medesimo significato, coniato dall’antropologa culturale Letizia Bindi. Il punto di riferimento del turismo nelle aree interne è l’associazione I Borghi Più Belli d’Italia. Attiva dal 2001, nella propria mission, l’associazione dichiara di voler “valorizzare il grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni presente nei piccoli centri italiani che sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti”. Ma le offerte presenti sul loro sito web, che spaziano dai viaggi tematici ai convegni lavorativi, sembrano suggerire una visione stereotipata e commerciale dei borghi, anziché un impegno genuino per la valorizzazione delle comunità locali. Organizzare convegni lavorativi in luoghi dove la connessione alla rete internet è garantita solo parzialmente è quantomeno paradossale: probabilmente, se durante questi convegni si dovrà inviare una mail, si sarà costretti a ricorrere a un piccione viaggiatore. Tra gli altri servizi proposti dall’associazione troviamo la guida ai Borghi più belli d’Italia, a cadenza annuale, ed un magazine mensile. La necessità di proporre sempre nuovi pacchetti vacanze e nuove pubblicazione potrebbe servire a spiegare come mai dal 2001 ad oggi “i borghi più belli d’Italia”, che all’inizio erano solo cinquanta, siano arrivati a essere più di trecento. Ed è quindi lecito domandarsi se sia l’associazione ad arricchire i borghi o se siano, piuttosto, i borghi ad arricchire l’associazione.

Nello stesso contesto si colloca il progetto “case a 1 euro”. Tale iniziativa consiste nella vendita le case abbandonate delle aree interne al prezzo simbolico di un euro, a patto che l’acquirente ristrutturi l’immobile in un lasso di tempo prestabilito. Le possibilità offerte dal progetto a chi sceglie di aderire sono due: trasferirsi nel borgo per lavorare in smart working o aprire un’attività commerciale, ovviamente turistica, poiché mancano i residenti ai quali offrire i propri prodotti. Ma chi lavora da casa ha bisogno di servizi come una connessione stabile, negozi dove poter acquistare beni primari, sanitari e altre infrastrutture che il borgo non possiede. Resta quindi la seconda scelta, l’unica possibile, e il progetto per ripopolare i borghi rivela la sua vera natura: una sorta di super bonus per aziende turistiche volto a trasformare degli ex centri abitati in alberghi stagionali.

Ma è con la pandemia di Covid-19 che il neoborghismo ha conosciuto la sua massima diffusione. Questa ha inciso profondamente sulle abitudini e sul modo di relazionarsi delle persone, portando a rivalutare lo stile di vita offerto dai borghi: “la pandemia ci ha fatto riscoprire i borghi storici. Così i piccoli comuni salveranno anche le metropoli” dichiara l’architetto Stefano Boeri in un’intervista di Alessia Gallione uscita nel marzo 2021 su Repubblica. Nella stessa intervista, l’architetto parla della mancanza delle condizioni necessarie per dare nuova vita ai paesini italiani, e parla della necessità di “siglare patti di reciprocità tra le città e i piccoli centri delle aree interne” per garantire ai nuovi residenti delle condizioni di vita accettabili e definisce tre punti imprescindibili per fare ciò: una connessione internet stabile, l’accessibilità ai servizi primari e l’urbanistica (rendere i borghi adatti alle esigenze moderne senza stravolgere le loro componenti architettoniche).

I problemi presenti nelle aree interne italiane sono tanti, sono esposti chiaramente nel libro dell’antropologa culturale Anna Rizzo, I paesi invisibili: manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d’Italia. Rizzo collabora con varie amministrazioni locali e ha sposato la causa della rivitalizzazione dei paesi abbandonati d’Italia da più di dieci anni. Nei borghi italiani le popolazioni sono in calo e subiscono un progressivo invecchiamento: secondo i dati riportati dall’ISTAT, nell’arco di tempo che va dal 1951 al 2019 gli abitanti dei trecentosette paesini italiani dei quali tiene conto la ricerca sono diminuiti di 187.000 residenti e ottantatré borghi sono nella condizione che viene definita spopolamento sistematico. Diritti e opportunità sono parole sconosciute in posti di straordinaria bellezza, ma al contempo caratterizzati dalla totale assenza delle istituzioni. “Pur riconoscendo la bellezza di un borgo, penso sia impossibile tornare ad abitare lontano dalle città finché non diventerà chiaro che certi valori – come il diritto alla salute, al lavoro, a una formazione e a un approvvigionamento culturale, così come la possibilità di muoversi con i mezzi pubblici – non sono negoziabili”, Anna Rizzo, I paesi invisibili.

Le problematiche presenti nelle aree interne interessano anche il sistema scolastico. Per indagare questo fenomeno possiamo affidarci a una ricerca condotta da Laura Parigi per INDIRE (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa), dove viene indagato il fenomeno della riduzione progressiva della rete scolastica nazionale, iniziata nel 2008 con i tagli all’istruzione. Questo processo è stato accelerato nel 2023 con nuove norme per il ridimensionamento del sistema educativo, che ha portato alla chiusura di molte scuole. Le più piccole, situate maggiormente in comuni con basso grado di urbanizzazione, sono le più colpite, con la presenza diffusa di pluriclassi (gruppi di più classi anche di età diverse che vengono riunite insieme, perché costituite ciascuna da pochissimi alunni, e a cui l’insegnamento viene impartito contemporaneamente da un unico maestro). Questo ha conseguenze negative sull’apprendimento degli studenti, aggravando le disuguaglianze tra alunni con più o con meno possibilità. Gli abitanti delle aree periferiche hanno minori opportunità educative, sia nell’istruzione prescolastica che in quella terziaria, con un impatto significativo sulle prospettive future. Nonostante queste difficoltà, ci sono esempi di resistenza e resilienza nelle comunità locali. Molte scuole e associazioni si impegnano attivamente per mantenere vive le istituzioni scolastiche, con progetti che vanno dal potenziamento dell’offerta formativa alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale. Queste iniziative contribuiscono a contrastare l’abbandono dei territori e a promuovere l’inclusione sociale e l’educazione attiva.

Per sopperire ai problemi delle aree interne dovrebbe intervenire la SNAI (Strategia Nazionale per le Aree Interne), un’iniziativa per contrastare il declino demografico e sostenere lo sviluppo dei luoghi meno serviti del Paese attraverso progetti volti a migliorare l’accessibilità ai servizi essenziali, e promuovere lo sviluppo locale. Nel contesto del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), la SNAI ha ricevuto ulteriori finanziamenti per migliorare i servizi sociali e sanitari, così come per migliorare l’accessibilità e la sicurezza stradale. Infine, è stato istituito un Fondo di sostegno ai comuni marginali nell’ambito della SNAI, al fine di fornire ulteriore aiuto finanziario alle comunità locali che si trovano in situazioni di particolare disagio. Il 26 marzo 2024, Marco Bussone, presidente nazionale dell’Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), scrive una lettera al Direttore Fabio Tamburini de Il Sole 24 Ore, in merito a un articolo del giornalista Carlo Marroni. Obiettivo della lettera è sollevare una serie di domande riguardanti l’attuazione delle politiche per le aree interne e montane in Italia. Bussone esprime preoccupazione per la mancanza di attuazione delle leggi e delle strategie dedicate a questi territori, come la Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) e la legge sui piccoli Comuni. Critica la mancanza di volontà politica nel tradurre in azioni concrete le disposizioni legislative, evidenziando come i finanziamenti previsti per queste aree non abbiano prodotto i risultati sperati. Bussone sottolinea la necessità di un’analisi approfondita delle politiche territoriali e della spesa pubblica, evidenziando le inefficienze e le incongruenze che caratterizzano l’attuale approccio. Il presidente dell’Uncem ribadisce l’importanza di un’azione coordinata tra Stato, Regioni e Comuni per affrontare le sfide demografiche, ambientali ed economiche che caratterizzano le aree interne e montane. Chiude la lettera sottolineando la necessità di unità e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, invitando a un confronto costruttivo e propositivo per migliorare la situazione di questi territori. Confronto finora mai avvenuto.

In questo scenario sono da lodare alcune iniziative volte a valorizzare il territorio delle aree interne, come il progetto di Alessandro Imbriaco, basato sulle comunità di Bellosguardo e Atena Lucana), due piccoli comuni nel Cilento. Attraverso una serie di mostre che espongono le fotografie di famiglia conservate nei cassetti degli abitanti, Imbriaco tenta di valorizzare la storia del luogo e dei suoi residenti. Con il supporto di un gruppo di lavoro, Imbriaco ha raccolto migliaia di fotografie e le ha organizzate in un archivio fisico e digitale, ora esposto nei centri storici dei due paesi. La comunità ha accolto con entusiasmo l’iniziativa, contribuendo attivamente con i propri ricordi e la propria voglia di condividerli. Le fotografie hanno così permesso di ricostruire i flussi migratori degli abitanti, e l’importanza delle celebrazioni religiose nella vita delle comunità.

La Scuola dei Piccoli Comuni è un’iniziativa recentemente istituita dal Comune di Castiglione Messer Marino, in collaborazione con diverse associazioni e istituzioni, che mira a fornire strumenti e soluzioni pratiche per favorire la rigenerazione sociale ed economica dei piccoli comuni italiani. Questo progetto innovativo cerca di superare le tradizionali divisioni geografiche, coinvolgendo amministratori, personale degli enti locali e operatori del territorio, come rappresentanti di associazioni, forum e comitati locali. Situato nel Subappennino abruzzese-molisano, Castiglione Messer Marino è un esempio di piccolo comune di montagna che è riuscito a mantenere un tessuto sociale e economico attivo, con varie attività commerciali e servizi disponibili per i suoi abitanti. La sindaca Silvana Di Palma è stata fondamentale nel promuovere l’idea della Scuola dei Piccoli Comuni, coinvolgendo partner associativi e istituzionali per creare un ambiente favorevole al miglioramento della qualità della vita e delle opportunità abitative nei territori rurali.

Altro riferimento virtuoso è il “modello Riace” portato avanti a partire dagli anni ‘90 dall’ex sindaco Domenico Lucano. Il modello ha trasformato le case abbandonate del paese in alloggi per i migranti, coinvolgendoli in progetti per la rinascita economica locale. Per la buona riuscita del progetto era fondamentale trasmettere le conoscenze dei locali ai nuovi residenti, per preservare la tradizione e garantire un rapido inserimento nella società ai migranti. Nonostante il successo iniziale, il programma è stato interrotto nel 2018 a causa di controversie legali che hanno coinvolto Lucano, recentemente scagionato da quasi tutti i capi d’imputazione.

La storia e le peculiarità di questi luoghi sono i loro punti di forza, e devono diventare uno strumento di rivalutazione al servizio della comunità e non solo un escamotage per attrarre flussi turistici. I borghi sono parte fondante del nostro Paese, lo rappresentano, e l’immobilismo che li caratterizza lo ritroviamo nelle istituzioni che li condannano alla stigmate di luoghi belli ma disfunzionali. Così come tanti altri problemi che riguardano la politica italiana, quello delle aree interne è destinato a peggiorare senza un apporto di migliorie significative, che devono venire direttamente dalle istituzioni e non intercedere attraverso privati che cercano di lucrare sul patrimonio culturale, o non possiedono la forza per cambiare la situazione solo con i propri mezzi. Nel frattempo, continuiamo a consumare un piccolo pezzo della nostra storia alla volta, finchè della nostra identità rimarrà ben poco da preservare.

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